martedì 23 aprile 2024
06.02.2012 - BEATRICE BARATTO

Imperia: omicidio del piccolo Gabriel, parla Paolo Arrigo.

“Continuo a pensare alle due condanne che mi sono state inflitte ingiustamente.

Credo che la Giustizia italiana non ha ancora reso Giustizia vera al piccolo Gabriel.

Dico questo in virtu' delle motivazioni scritte dai giudici di primo e secondo grado di giudizio.

Sin dall'inizio di questa orribile vicenda che vede la morte di un piccolo bambino di 17 mesi di nome Gabriel Petersone, sono stato messo alla gogna mediatica, spesso solo io. Sin da subito i giornali locali riportavano negli articoli che di giorno in giorno uscivano, una mia personalità violenta, descrivendomi come il mostro di turno, come l'orco di una città tranquilla come Imperia dove difficilmente succedono fatti di cronaca così brutti e tristi.

All'epoca consigliato dai miei precedenti avvocati Maurizio De Nardo e Nicola Ditta, non rispondevamo mediaticamente a queste infamie nei mie confronti in quanto a noi interessava dimostrare la mia assoluta estraneità nelle sedi giudiziarie competenti , dove di buona regola dovrebbero essere questi i luoghi nei quali viene fatta chiarezza sui fatti e Giustizia. Ma arrivati ad oggi mi sono dovuto ricredere. Ormai a poco tempo di distanza dalla Cassazione, voglio esprimere il mio disappunto, la mia rabbia e la mia paura di dover pagare per un crimine che non ho commesso e mai potrei commettere data l'educazione che ho ricevuto dalla mia famiglia e l'insegnamento del rispetto altrui.

Con questo mio esposto voglio che si sappiano i motivi per i quali sono stato condannato, a 11 anni solo sulla base del «verosimilmente» e poi a 16 anni in appello in quanto sono state aggiunte delle aggravanti per futili motivi e con una ricostruzione dei fatti non veritiera e totalmente ipotetica.

Sin dal momento dell'arresto io mi sono messo a disposizione dei magistrati rendendo un lungo interrogatorio durato più di 4 ore, dove ribadivo la mia totale estraneità ai fatti e successivamente fornendo un memoriale da me redatto prima della conclusione delle indagini, di 45 pagine, dove punto per punto ho spiegato nuovamente la verità per poi arrivare al processo di primo grado e rendere ulteriori spontanee dichiarazioni.

Questo comportamento processuale non l'ha avuto di certo la Signora Petersone che si è sempre avvalsa della facoltà di non rispondere sottraendosi anche alle domande dei miei difensori e a un mese dalla tragedia mi scrisse in carcere una lettera d'amore e priva di dolore per la perdita del figlio, senza ottenere una mia risposta e inoltre dopo due mesi dalla tragedia non si è fatta il minimo scrupolo ad accusarmi di avermi visto dare un calcio a suo figlio.

Questa accusa venne creduta o meglio fece comodo crederci alla Procura di Imperia che ne cristallizzò l'accusa nei miei confronti indicandomi e contestandomi nel capo d'imputazione di essere l'autore materiale dell' evento finale che causò la morte del bambino. Quello che già trovo strano in questo passaggio del percorso giudiziario è il perchè la Petersone mimando nei particolari il calcio su un manichino fu stimolata con l'intervento del P.M Filippo Maffeo come darlo per renderlo ancora più credibile poichè lei stessa era in difficoltà nelle movenze, apparse clamorosamente innaturali. Un' altra cosa che mi lascia perplesso è perchè sempre quel giorno nessuno la incalzò di domande perlomeno per vedere e verificarne la veridicità.

Questo per arrivare al primo processo dove il consulente medico legale dell'accusa dovette ammettere davanti al Giudice che la ricostruzione della Petersone era priva di ogni fondamento. Il Giudice a quel punto riconobbe quella ricostruzione come un' eclatante bugia.

Nello stesso momento decadeva la «prova regina» nei  miei confronti.

I Giudici sulla menzogna della Petersone si ricrederanno maggiormente in appello di secondo grado quando inaspettatamente la stessa con spontanee dichiarazioni ammise di aver mentito ai Giudici e di essersi inventata di avermi visto compiere quel orribile gesto a me costato 10 mesi di carcere in isolamento e 3 di domiciliari. Nonostante tutto ciò mi ritrovo condannato lo stesso.

Ora leggendo ripetutamente l'ultima sentenza della Corte d'Assise d'appello di Genova, che mi ha condannato alla stessa pena della Petersone ovverò a 16 anni di carcere, trovo assurda la mia condanna e pretendo poichè è mio diritto che mi venga spiegata il perchè sono colpevole secondo la legge.

Ma vorrei spiegare meglio leggendo queste motivazioni di condanna prendendo atto di alcuni seguenti passaggi:

«Non abbiamo prova di chi dei due abbia compiuto le singole violenze» poi successivamente si legge ancora Non sappiamo chi dei due abbia sferrato i singoli colpi o se siano stai entrambi o solo uno. Ancora si legge : L'Arrigo non ha certo una personalità da teppista violento ed incontrollabile (anche perchè nelle testimonianze non cè nessuna traccia). Riguardo all'accusa di maltrattamenti mi chiedo come posso essere stato condannato a 16 anni se gli stessi Giudici non sanno chi è stato a compiere le singole violenze anche se attribuibili alla sola Petersone, come da piu' testimonianze presenti agli atti processuali.

Da profano in materia giurisprudenziale ma da semplice cittadino che conosce soltanto che la «Legge è uguale per tutti» e che «Il giudice pronuncia sentenza di condanna se l'imputato risulta colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio.»

Mi chiedo ancora una volta se questa è vera Giustizia!”

Son queste le parole di Paolo Arrigo a pochi giorni dall’uscita delle motivazioni del Giudizio di 2° grado che ha condannato a sedici anni di reclusione Arrigo e la sua ex convivente Elizabete Petersone, madre del piccolo Gabriels deceduto ad Imperia il quattordici maggio del 2009.

Il suo legale, l’avvocato genovese Umberto Pruzzo ha annunciato che presenterà ricorso in Cassazione, unitamente al collega, docente di Diritto Penale, prof Alessandro Gamberini. Secondo la difesa sono tutt’ora da chiarire due elementi importanti che le precedenti sentenze di 1° e 2° Grado non sono riuscite a chiarire: l’autore materiale e l’ora esatta del decesso del piccolo Gabriels.


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