Travaglio riempie il Cavour con l’ultima data di “Anestesia Totale”
Tre ore ininterrotte di spettacolo per il popolare giornalista, accompagnato dall’attrice Isabella Ferrari
Verso fine serata, scostando tutti i giornali da un pannello dell’edicola, unico elemento di scenografia oltre a una panchina, viene fuori un’immagine di Montanelli, la famosa foto che lo ritrae accucciato a battere i tasti della sua lettera22. Ed è, Indro Montanelli, uno dei protagonisti di “Anestesia totale” subito dopo Marco Travaglio e Isabella Ferrari.
Cinque “lezioni” sulla disinformazione, per aprire gli occhi, iniettare un antivirus contro lo stato di anestesia in cui giornalisti e pubblico sono intrappolati a loro insaputa, tra manipolazione delle informazioni, favoritismi, dissimulazione di un vero giornalismo che, si scopre tra una lettura e l’altra di Isabella Ferrari, essere stata l’autentica e unica vocazione di Montanelli: “solo un giornalista”. La scomparsa dei fatti, la scomparsa del metro, la scomparsa della verità, la scomparsa delle parole, la scomparsa della logica: capitoli della storia dell’involuzione subita dal giornalismo italiano in un clima di cecità, “come quella del romanzo di Saramago - dice Travaglio – un sistema comodo per il potere, anche se è il più dannoso per i cittadini, un sistema dove i politici controllano chi dovrebbe controllarli “.
È come un truman show, che non fornisce ai cittadini gli strumenti per valutare le notizie, che non le separa dalle opinioni, dove l’attenzione è volontariamente dirottata. Il giornalista torinese snocciola con la consueta ironia e il sarcasmo una serie di titoli del tg1, fatti testuali, documentati, che fanno sorridere ma che, a ben vedere, dovrebbero turbare, far scattare interrogativi. Nel frattempo entra in scena la voce di Indro Montanelli, che giustifica le sue dimissioni da “Il Giornale” nel 1994, perché sottoposto a poteri politici che non voleva, lui, voce dell’indipendenza, o che ancora racconta da testimone diretto i fatti di Ungheria del 1956, e punta il dito contro il servilismo insito da secoli nel giornalismo italiano, derivato dal tradimento di una cultura nata nei palazzi del potere. “Il miglior modo per realizzare i nostri sogni è svegliarci” recita Isabella Ferrari citando Paul Valery, mentre i giornali vengono buttati per terra con amarezza e disprezzo, incapaci di informare realmente.
Passano tre ore, toccando i parlamentari italiani, l’informazione scientifica manipolata e distorta, i salotti televisivi costruiti a tavolino, le parole del lessico giornalistico, incollate a nuovi significati su cui nessuno riflette a causa di un’assuefazione di fronte alla quale Travaglio pone il suo pubblico. Un pubblico nutrito, che ha visto un Cavour da tutto esaurito in platea come in galleria, e che ha chiuso il sipario, con diversi minuti di applausi, sulla sessantaseiesima replica dello spettacolo, in giro per i teatri italiani dal 29 aprile 2011. “Adesso ci prendiamo un momento di pausa – ha annunciato Travaglio – ma non significa che non torneremo sul palco”. Il giornalista ha premiato la bravissima Isabella Ferrari con un mazzo di fiori e ringraziato tutto lo staff, a partire dal musicista che ha composto ed eseguito i brani dello spettacolo, Valentino Corvino, fino all’Associazione Apertamente, che ha reso possibile questo evento a Imperia.