martedì 28 marzo 2023
19.12.2011 - Alessandra Chiappori

Travaglio riempie il Cavour con l’ultima data di “Anestesia Totale”

Tre ore ininterrotte di spettacolo per il popolare giornalista, accompagnato dall’attrice Isabella Ferrari

Marco Travaglio

Verso fine serata, scostando tutti i giornali da un pannello dell’edicola, unico elemento di scenografia oltre a una panchina, viene fuori un’immagine di Montanelli, la famosa foto che lo ritrae accucciato a battere i tasti della sua lettera22. Ed è, Indro Montanelli, uno dei protagonisti di “Anestesia totale” subito dopo Marco Travaglio e Isabella Ferrari.

Cinque “lezioni” sulla disinformazione, per aprire gli occhi, iniettare un antivirus contro lo stato di anestesia in cui giornalisti e pubblico sono intrappolati a loro insaputa, tra manipolazione delle informazioni, favoritismi, dissimulazione di un vero giornalismo che, si scopre tra una lettura e l’altra di Isabella Ferrari, essere stata l’autentica e unica vocazione di Montanelli: “solo un giornalista”. La scomparsa dei fatti, la scomparsa del metro, la scomparsa della verità, la scomparsa delle parole, la scomparsa della logica: capitoli della storia dell’involuzione subita dal giornalismo italiano in un clima di cecità, “come quella del romanzo di Saramago - dice Travaglio – un sistema comodo per il potere, anche se è il più dannoso per i cittadini, un sistema dove i politici controllano chi dovrebbe controllarli “.

È come un truman show, che non fornisce ai cittadini gli strumenti per valutare le notizie, che non le separa dalle opinioni, dove l’attenzione è volontariamente dirottata. Il giornalista torinese snocciola con la consueta ironia e il sarcasmo una serie di titoli del tg1, fatti testuali, documentati, che fanno sorridere ma che, a ben vedere, dovrebbero turbare, far scattare interrogativi. Nel frattempo entra in scena la voce di Indro Montanelli, che giustifica le sue dimissioni da “Il Giornale” nel 1994, perché sottoposto a poteri politici che non voleva, lui, voce dell’indipendenza, o che ancora racconta da testimone diretto i fatti di Ungheria del 1956, e punta il dito contro il servilismo insito da secoli nel giornalismo italiano, derivato dal tradimento di una cultura nata nei palazzi del potere. “Il miglior modo per realizzare i nostri sogni è svegliarci” recita Isabella Ferrari citando Paul Valery, mentre i giornali vengono buttati per terra con amarezza e disprezzo, incapaci di informare realmente.

Passano tre ore, toccando i parlamentari italiani, l’informazione scientifica manipolata e distorta, i salotti televisivi costruiti a tavolino, le parole del lessico giornalistico, incollate a nuovi significati su cui nessuno riflette a causa di un’assuefazione di fronte alla quale Travaglio pone il suo pubblico. Un pubblico nutrito, che ha visto un Cavour da tutto esaurito in platea come in galleria, e che ha chiuso il sipario, con diversi minuti di applausi, sulla sessantaseiesima replica dello spettacolo, in giro per i teatri italiani dal 29 aprile 2011. “Adesso ci prendiamo un momento di pausa – ha annunciato Travaglio – ma non significa che non torneremo sul palco”. Il giornalista ha premiato la bravissima Isabella Ferrari con un mazzo di fiori e ringraziato tutto lo staff, a partire dal musicista che ha composto ed eseguito i brani dello spettacolo, Valentino Corvino, fino all’Associazione Apertamente, che ha reso possibile questo evento a Imperia.


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