venerdì 19 aprile 2024
17.09.2012 - REDAZIONE

Imperia: yacht, gru, cemento e olio di vere olive…

Riceviamo e pubblichiamo alcune precisazioni di Alberto Gabrielli - referente responsabile per la zona di Imperia del “Forum Italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio” e della campagna nazionale “Salviamo il Paesaggio, Difendiamo i Territori” - in ordine ad un servizio televisivo andato in onda sul Tg regionale di qualche giorno fa e relativo alla volontà di porre in cima alle gru di Calata Cuneo delle attività di ristorazione.

Il 12 settembre, al TG R Liguria delle 14 è andato in onda un servizio sul progetto avanzato dall’Arch. Giuseppe Vena, di trasformare le Gru di Calata Cuneo, sul Porto Commerciale di Imperia, in ristoranti panoramici. Il servizio, con intervista in loco e bella documentazione in video ha presentato la proposta come un fatto di buon senso, avanzato con cortesia e disponibilità al dialogo.

Altri interventi giornalistici avevano simpatizzato con la proposta come, più recentemente, con la richiesta di Imperia Yacht di ottenere l’uso turistico anche della calata – cosiddetta – “avamporto” (fra l’Agnesi e la foce dell’Impero).

Bene.

Mi corre dovere solo di precisare alcuni punti in considerazione dei quali il servizio del TGR mi è parso poco consono al concetto di servizio pubblico della Rai ed alle conseguenti esigenze di obiettività e gli altri interventi molto “accodati” ad una visione “del tutto turismo costi quel che costi” che, quantomeno, potrebbe essere sottoposta ad un nuovo vaglio dalle forze politiche e sociali e dai cittadini.

  • Tutto il bacino portuale di Oneglia, ha destinazione commerciale: l’intero Molo Aicardi (cosidetta Banchina Oceanica), su cui insistono le due Gru di cui si parla e l’ intera calata Cuneo: i primi 50 m circa destinati esclusivamente alle merci, i successivi 120 metri concessi, fino al 31 dicembre 2012, all’ ormeggio di Charter (considerati commerciali) mentre per la parte seguente e per l’ intero molo lungo sono concessi alla flotta Peschereccia professionale di Oneglia (la più consistente dell’ intera Regione) ed, in parte, alla pesca sportiva/dilettantistica. Tali destinazioni (commerciale e peschereccia) sono sancite dal Piano Regolatore Portuale e ribadite in ogni momento topico del complesso iter del Porto Turistico di Imperia, come condizio sine qua non per trasformare il porto commerciale di Porto Maurizio (Calata Anselmi) in porto turistico.
  • Uno dei punti essenziali dell’ accordo fra Proponenti Privati, Comune di Imperia, Demanio Marittimo, e Regione Liguria era proprio la contestualità del trasferimento delle attività mercantili di Porto Maurizio con l’ ammodernamento e la disponibilità (contestuale, appunto) delle strutture commerciali nel Porto di Oneglia. A tale preciso obbligo i Proponenti Privati, con l’ assoluta complice tolleranza della parte pubblica, hanno sic et simpliciter derogato, imponendo, con una certa dose - mi sia consentito - di arroganza, una serie di azioni illegali (abbattimento dei cancelli a salvaguardia delle operazioni portuali, demolizione dei silos oleari, occupazione di Calata Cuneo …) come dato di fatto. Su alcune di tali azioni sta indagando la Magistratura: ad esempio su chi abbia percepito per mesi e mesi le tariffe di attracco di megayacht su calata Cuneo)
  • Il tutto giustificato dalla “vendita” di una immagine turistica stantia, fatta di plastica e vetrine, anziché di opportunità di integrazione fra settori (agricoltura, industria agroalimentare e turismo di qualità ad alto indotto anziché ad alta rendita) mentre dietro il sipario aleggiava una sempre più evidente commistione di superficialità - se non presunzione - politica, malaffare, regalie di beni comuni e servizi collettivi a singoli imprenditori, denigrazione delle attività produttive, esaltazione della rendita.

Date queste premesse, note a tutti - giornalisti compresi -, la “provocazione” della trasformazione delle Gru in ristoranti, come tale doveva essere trattata e sottolineata: allo stesso modo in cui sarebbe stata trattata la proposta di trasformare la Parrocchia di San Giovanni in una Moschea (proposta questa, peraltro, forse più legittima, se accettata dalle parti, trattandosi non di un bene pubblico ma di una destinazione privata in entrambi i casi).

Forse sarebbe stato anche il caso di far presente che L’Arch. Giuseppe Vena, già ristoratore in Alassio, ha aperto un ristorante anche in Calata Cuneo rilevando uno dei tre che recentemente hanno chiuso (Salefino, Texmex e Tipicoatipico), peraltro dotandolo di un dehors che mi pare difforme dal protocollo che li regola.

Come tale, per non trarre in inganno l’ ascoltatore in merito alle sue competenze, avrebbe dovuto essere presentato: Ristoratore e Commerciante con specifiche abilità in arredamento, e, non ho motivo di dubitarne, in architettura, ma non propriamente in Urbanistica, settore della pianificazione territoriale per lo più delegato (forse con troppa genericità) ad Ingegneri ed Architetti con specifici interessi e competenze curricolari.

Per quanto riguarda la richiesta di utilizzo dell’avamporto da parte dell’Imperia Yacht, mi pare sarebbe utile ricordare le enormi problematiche che una impostazione gigantistica dell' approdo imperiese ha già messo sul piatto dei cittadini e della magistratura, e che un' ulteriore pretesa di allargamento di tali funzioni sia totalmente fuori luogo ed estremamente pericolosa per la città che invece necessita di un serio ridimensionamento del porto turistico in una visione strategica di qualità, e non di uno stillicidio di interventi giustificati dalla supposta facilità di fare cassa.

Chi, come chi scrive, vede nel turismo una grande opportunità per la città, non può che provare sconcerto di fronte ad una impostazione monotematica di quel settore, vecchia nello spirito e cieca nelle prospettive, incapace di valorizzare, le peculiari caratteristiche del nostro territorio, solo esposte come tristi amarcord nei depliants ed in qualche vetrina.

Dove offrire un turismo di qualità a base di dieta mediterranea, pesto biologico, pasta pregiata, olio di prima classe, vini nobili, e pesci “pescati”, meglio che in una città dove sono presenti e visibili i Camalli che movimentano merci, un’industria che trasforma prodotti ricchi di polifenoli, grassi insaturi, omega 3, e quant’altro, in alimenti pregiati, e le colline dispensano un’ agricoltura che è, insieme, storia e paesaggio ?

Non certo in cima a degli strumenti di lavoro trasformati in tristi simulacri dove, sullo sfondo di colline di cemento, servire pesce congelato, olio raffinato di dubbia provenienza, vini che dopo 10 mila km di viaggio si acquistano nella grande distribuzione omologata e banale ad un euro a bottiglia; il tutto su tovagliette/icona di plasticavirato seppia di tipici e rudi Camalli del bel tempo che fu: una volta ci caschi, poi non ci caschi più….


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